La pubalgia, detta anche groin pain, è una sindrome dolorosa della zona addomino-inguinale che affligge specialmente coloro che praticano sport che prevedono corsa e cambi di direzione.
Il 5% di tutti gli sportivi ha sperimentato almeno una volta questa condizione clinica che, se non trattata correttamente, può addirittura determinare la fine di una carriera agonistica [1;2].
Nella maggior parte dei casi, questa problematica tende a cronicizzare e ad affliggere l’atleta per mesi o anni [3].
Il groin pain può essere originato da una sofferenza di strutture anatomiche muscolo-scheletriche e viscerali. Per eseguire una corretta diagnosi bisogna innanzitutto riconoscere o escludere eventuali problematiche di origine viscerale che possono riguardare gli organi dell’apparato intestinale e riproduttivo sia maschile che femminile [4].
Per esempio una problematica di varicocele può simulare un dolore pubalgico, così come un trauma diretto a livello genitale. Anche le ernie addominali o le ernie da sport causano dolore in quest’area e sono diagnosticabili tramite ecografia sotto sforzo e risonanza magnetica.
Se nel primo caso il trattamento è puramente chirurgico, per le ernie da sport è possibile tentare un approccio terapeutico basato sul rinforzo della muscolatura addominale, specialmente del muscolo trasverso dell’addome.
E’ importante inoltre verificare tramite test ortopedici l’eventuale presenza di scatti articolari a livello della coxo-femorale. Uno scatto interno potrebbe indicare una lesione del labbro acetabolare o la presenza di un corpo libero intra-articolare [5].
La soluzione a queste evenienze è puramente chirurgica. Uno scatto mediale a livello dell’anca potrebbe anche essere rivelatore di uno stato di contrazione e infiammazione del muscolo ileopsoas [7].
In questo caso la terapia fisioterapica e costanti sedute di stretching del muscolo sono in grado di dare buoni miglioramenti. Compito dell’osteopata sarà quello di risolvere eventuali disfunzioni rachidee lombari e dorso-lombari, ovvero quelle zone di inserzione di questo muscolo;
anche il trattamento diaframmatico può essere utile per velocizzare i tempi di ripresa in quanto i pilastri diaframmatici possiedono fibre muscolari comuni con il grande psoas e i due muscoli possono influenzarsi reciprocamente in termini di stato tensionale muscolare.
Se il dolore inguinale presenta anche sfumature urenti con eventuale debolezza muscolare, causa della pubalgia potrebbe essere un intrappolamento nervoso, in genere del nervo otturatore [8]. Risultati diagnostici certi si ottengono in questo caso con l’elettromiografia [8].
Il trattamento è in genere chirurgico ma si potrebbe tentare un rilascio manuale delle membra otturatorie e delle componenti anatomiche che contraggono rapporti con il nervo durante il suo decorso.
L’infiammazione della sinfisi pubica può verificarsi in seguito a traumi diretti o coinvolgenti gli arti inferiori. Il trattamento manipolativo mediante HVLA risulta molto efficace per ripristinare la fisiologia articolare;
in questo caso bisogna però verificare che non siano presenti dismetrie agli arti inferiori che potrebbero influenzare la biomeccanica del bacino, causando una recidiva della problematica. In caso di dismetria apparente sarà sufficiente un approccio terapeutico manuale.
Se la dismetria fosse invece reale, anatomica, sarà utile l’intervento ortopedico per valutare l’utilizzo di ortesi plantari.
Nella maggior parte dei casi la pubalgia è dovuta alla sindrome retto-adduttoria, ovvero all’infiammazione della componente tendinea comune del retto dell’addome e dell’adduttore lungo.
Spesso ciò si verifica a causa di posture alterate o a squilibri muscolari in un regime di attività agonistica intensa. Negli atleti si osserva in genere la componente adduttoria ipertonica e ipertrofica associata a una debolezza della muscolatura addominale.
La sofferenza degli adduttori potrebbe concretizzarsi in dolore addominale e non a livello del ventre muscolare. In questo caso eseguire terapie manuali e strumentali a livello dell’addome potrebbe risultare solo una perdita di tempo che posticipa il ritorno all’attività agonistica.
Mentre il fisioterapista agisce per migliorare lo stato dell’adduttore e potenziare la muscolatura addominale, l’osteopata deve liberare tutte le disfunzioni articolari presenti specialmente a livello del bacino.
Nella maggior parte dei casi, purtroppo, la sindrome dolorosa non sembra essere riconducibile alla sofferenza di una singola struttura ma all’insieme di più problematiche che si sovrappongono, tra le quali è quasi impossibile evidenziare una primarietà [6].
Se possibile è molto utile eseguire un’ecografia effettuata da un professionista esperto per escludere definitivamente il coinvolgimento di alcune strutture e indirizzarne l’attenzione su altre. Ovviamente anche la risonanza magnetica è utile in fase diagnostica,
specialmente nei casi più subdoli e complicati dove riesce ad evidenziare anche eventuali problematiche di natura viscerale.
Mai come in questa circostanza clinica è essenziale un approccio multimodale. Se la diagnosi propende per una pubalgia di tipo muscolo-scheletrico, alla base di tutto è conveniente porre il trattamento osteopatico per intervenire su disfunzioni somatiche, alterazioni posturali ed eventuali dismetrie.
Compito dell’ortopedico sarà poi evidenziare queste dismetrie e suggerire l’intervento terapeutico più consono. Una volta riconosciuta la causa del problema e averla risolta è indispensabile focalizzarsi sulla struttura che causa il dolore.
Il fisioterapista è indispensabile non solo per migliorare lo stato miotensivo con tecniche dirette sul muscolo, ma anche per curare l’allungamento di un certo gruppo muscolare e il potenziamento di un altro. In certi casi è utile anche usare apparecchiature elettromedicali, infiltrazioni e magnetoterapia qualora l’infiammazione avesse coinvolto anche la componente ossea.