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Allenamento muscolare un incrocio di Metodi.

di Redazione Spot e Sportin L'Angolo del Tecnicoon Pubblicato il 16 Giugno 202016 Giugno 2020

Allenamento muscolare, un incrocio di metodi – parte 1 –

Allenamento muscolare un incrocio di metodi raccolta di interventi di Graziano Camellini

Per lungo tempo limitato all’immagine dello sportivo di bodybuilding, la costruzione muscolare ora affronta nuove sfide che la collocano al crocevia di diversi settori delle prestazioni sportive. Questo documento ospita gli interventi di rinomati allenatori e scienziati coinvolti in diverse discipline sportive, su un tema specifico: “Allenare le qualità muscolari: forza, potenza, velocità”. Ognuno di loro mette in evidenza l’evoluzione dei concetti e dell’attività quotidiana nel campo della preparazione muscolare. Questi interventi dimostrano quanto la preparazione fisica nel suo insieme e la forza muscolare in particolare, abbia assunto la sua piena dimensione nelle strategie di miglioramento delle prestazioni, come evidenziato dal numero crescente di preparatori fisici nelle squadre delle diverse discipline. Pertanto, l’ottimizzazione e l’individualizzazione delle qualità atletiche, l’allenamento specifico, la preparazione per la giornata della competizione, la prevenzione degli infortuni o la riabilitazione sono i nuovi obiettivi dei cosiddetti processi del “lavoro di forza”.

Per raggiungere questi molteplici obiettivi, allenatori, ingegneri, professionisti e ricercatori stanno sviluppando oggi, metodi e strumenti indirizzati a costruire l’allenamento muscolare di domani.

  1. Dalla preparazione generale alla preparazione più specifica

Le opinioni di: Rodolphe Bouché allenatore del team u.21 maschile di ginnastica artistica

                          Bruno Gajer, allenatore di sprint prolungato e mezzofondo della Federazione Francese di

                          atletica leggera.

                          Romain Guibet, allenatore nazionale U18, Federazione francese di hockey su ghiaccio

La preparazione muscolare, che si potrebbe pensare sia congelata in schemi che esistono da decenni, sta cambiando. I piani di allenamento della forza, programmati partendo dalla massima ripetizione (1RM) potrebbero benissimo appartenere al passato. Organizzato, inizialmente in spazi dedicati con sessioni completamente dissociate dall’applicazione specifica, l’allenamento muscolare si è gradualmente adattato per soddisfare le esigenze delle specifiche attività.

Secondo Rodolphe Bouché, in ginnastica “trascorriamo poco più dell’80% del tempo sugli arti superiori e il 20% del tempo sugli arti inferiori […] Il materiale umano non è adattato a questa capacità motoria inversa. La nostra spalla è la nostra anca, il nostro gomito è il nostro ginocchio e il nostro polso è la nostra caviglia.

[…] Il che induce “tecnopatie” specifiche di determinati attrezzi. Queste specificità sono quindi integrati nella preparazione muscolare” In una disciplina molto diversa, Bruno Gajer sostiene questa idea: “30 km/h, per alcuni è sprint, per David Rudisha è il ritmo dei primi 200 dei suoi 800 metri, durante una gara tattica. Queste sono velocità molto importanti e che vanno a giustificare un’adeguata preparazione muscolare”

Questo approccio “contestualizzato” riflette come, la specificità del compito sportivo, che era uno dei punti fermi di molti allenatori, sta ora diventando parte integrante nella costruzione di sessioni di allenamento muscolare. Allo stesso modo, Romain Guibet spiega che durante una partita di hockey su ghiaccio, il giocatore deve spesso “accelerare, passare tra due giocatori e rimanere in piedi. Questi sprint spesso non sono più lunghi di 10m, non sono molto, ma rendono l’idea della situazione reale. Quindi sviluppiamo forza con movimenti classici ma li facciamo sul ghiaccio. Facciamo affondi sul ghiaccio, perfettamente equipaggiati, (indossando l’attrezzatura, il materiale da hockey) facciamo squat sul ghiaccio per essere in grado di integrare l’instabilità e dare seguito alle ripartenze.”

Quindi, seguendo l’esempio del sollevamento pesi, un caso estremo in cui gli esercizi di allenamento con i pesi corrispondono ai movimenti di gara, i preparatori fisici non esitano più ad associare intensi sforzi muscolari al gesto specifico della loro disciplina, per far progredire i loro atleti. I dispositivi inizialmente riservati alle sale pesi, ma anche i metodi di preparazione muscolare stanno gradualmente subentrando nei luoghi di allenamento durante le cosiddette sessioni “integrate”, “funzionali” o “di trasferimento”.

  1. Verso un profilo dell’atleta?

L’opinione di: Dott. Pierre Samozino docente di biomeccanica all’Università della Savoia e membro del laboratorio di Fisiologia dell’esercizio (EA 4338) a Chambéry

Per far fronte a questa sfida, i responsabili tecnici di diverse discipline, hanno trovato soluzioni circondandosi di personale specializzato nel campo scientifico, clinico o persino industriale. Queste collaborazioni, illustrate in questo contesto dalla coppia allenatore-ricercatore, costituiscono anche un mezzo per valutare più precisamente le capacità dell’atleta, al fine di individuare il contenuto dell’allenamento. In effetti, il principale metodo di valutazione muscolare consiste ancora oggi nel misurare la forza massima dinamica, rappresentato dal carico massimo che un atleta è in grado di sollevare in una volta (il famoso 1RM). Tuttavia, le qualità muscolari di un atleta non si limitano a questo singolo parametro. Ma soprattutto, questa capacità non è sistematicamente determinante nella prestazioni nell’attività considerata.

Il Dott. Pierre Samozino riassume questa idea con la seguente analogia (Fig. 1): “Quando vogliamo caratterizzare le capacità meccaniche dei motori delle nostre auto, usiamo il rapporto che esiste tra la forza che essi sono capaci di produrre e la velocità con la quale sono in grado di viaggiare. Tra questi motori abbiamo profili diversi. Le city car o le auto da corsa sono portate a correre in modo relativamente veloce, ma non appena vi si aggiungerà un carico o si applicherà un gancio per trascinare un rimorchio, non saranno più in grado di avanzare. Al contrario, il trattore è in grado di trainare carichi enormi, inclusi rimorchi di diverse tonnellate, ma quando si sgancia il rimorchio, non è in grado di muoversi più velocemente”








Figura 1 – Caratteristiche meccaniche tipiche di tre diversi motori di veicoli. Il motore del trattore è appositamente progettato per sviluppare grandi forze a basse velocità, il motore di un’auto sportiva è progettato per essere in grado di raggiungere velocità elevate producendo forze elevate e il motore delle auto da città è ottimizzato per soddisfare le esigenze di forza e velocità dell’uso tipico della città. (Da Gülch, 1994)
 

Utilizzando o applicando strumenti, come un accelerometro, un sensore di posizione, delle cellule fotoelettriche che misurano la velocità, oppure un pedale della bicicletta dotato di un sensore di forza oggi è possibile adattare questo principio al “motore” muscolare. Possiamo così misurare la velocità e la forza prodotta durante i movimenti semplici (salti verticali, velocità di una distensione alla panca, quanti watt esprime una pedalata). Se a livello muscolare, la relazione tra questi due parametri è stata descritta come una curva (sotto forma di iperbole, per gli appassionati di matematica), nei movimenti complessi che coinvolgono diverse articolazioni come il salto verticale, essa segue semplicemente una linea retta. Il prodotto di questi due parametri rappresenta la potenza muscolare. Il profilo forza-velocità, ovvero l’inclinazione (o la pendenza) di questa linea, illustra quindi l’equilibrio esistente tra le qualità della forza e della velocità per ciascun atleta. È interessante notare che questo profilo è indipendente dalle qualità di potenza: due atleti che hanno la stessa potenza massima possono avere profili molto diversi (Fig. 2).







Figura 2 – Esempio di relazioni tra forza e velocità misurate durante un salto verticale, per due atleti con profili diversi. L’Atleta 1 ha un profilo orientato alla forza (cerchi neri) mentre l’Atleta 2 è più orientato alla velocità (cerchi bianchi). (Da Samozino et al, 2012)
 

Questi profili sono anche sensibili al tipo di allenamento utilizzato. Sono molto diversi tra gli sport, ma anche tra gli atleti che praticano lo stesso sport. Pertanto, conoscere il profilo dell’atleta consente sia di determinare i suoi punti di forza che di debolezza, di descrivere le qualità muscolari associate al tipo di sport, di confrontare gli atleti tra loro o addirittura di valutare con precisione gli effetti di un allenamento. Questo concetto è oggi passato dagli esercizi di forza con i pesi ai movimenti specifici di competizione, come dimostrato dalle applicazioni implementate nelle discipline di sprint, da Guy Ontanon nella velocità o dal Dr. Sylvain Dorel per la Federazione Francese di ciclismo.

  1. Quale allenamento usare?

Le opinioni di: Dr. Prue Cormie ricercatrice Università Edith Cowan (Joondalup Australia)

                         Aurélien Broussal-Derval preparatore specializzato nello judo e nelle diverse forme di lotta

Nel corso dei suoi lavoro, la Dottoressa Prue Cormie ha constatato che l’allenamento della forza (> 75% 1RM) o l’allenamento della potenza (30% 1RM) erano efficaci anche nello sviluppo della potenza muscolare in atleti scarsamente allenati (che non praticano alcun allenamento della forza). D’altra parte, gli atleti più forti hanno risposto in modo molto più soddisfacente all’allenamento di potenza rispetto agli atleti con una forza massima inferiore. Questi risultati hanno messo in evidenza che la capacità di produrre una forza massima elevata è una base essenziale da acquisire prima di poter sviluppare efficacemente la potenza. Sulla base di tutte queste osservazioni, Samozino et al. (2012) hanno sviluppato un metodo innovativo per determinare il profilo ottimale di un atleta, vale a dire l’equilibrio più adeguato tra le qualità di forza e velocità in base allo sport praticato. Sebbene l’applicazione di questo concetto a tutti gli sport esplosivi debba ancora essere dimostrato, le prime prove scientifiche lo stanno gradualmente supportando. Pertanto, due recenti studi effettuati con salti alleggeriti (nei quali l’atleta viene tirato verso l’alto) hanno migliorato le prestazioni in modo più significativo rispetto ad un allenamento a carico naturale o con sovraccarico, con i giocatori di rugby della Nuova Zelanda e con un gruppo di studenti. Una volta che le sessioni di allenamento necessarie per aumentare la forza richiedono un impegno eccessivo, l’allenamento delle qualità di velocità costituiranno la componente da implementare per continuare a progredire a livello muscolare. Questa visione teorica trova già i suoi seguaci, come l’approccio adottato da Aurélien Broussal-Derval all’interno della Federazione britannica di judo durante la preparazione delle Olimpiadi di Londra: “l’efficienza della velocità, nella tecnica del judo, deve essere sostenuta dalle qualità fisiche, ma anche dalle qualità tecniche […] Fino alla fine di un combattimento, possiamo avere scambi molto brevi e molto intensi, dove avremo una possibilità, forse l’ultima, per vincere. E per essere vincenti nello judo occorre muoversi velocemente e bene. Quindi se perdiamo velocità, non guadagneremo punti. La letteratura conferma questa osservazione ricordando che la velocità in un gesto specifico alla fine di un impulso è un fattore determinante nelle prestazioni nelle attività esplosive

FINE PRIMA PARTE

Graziano Camellini

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Scritto daRedazione Spot e Sport

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