CHI E’ UN ALLENATORE ESPERTO?

Jacques SAURY

Insegnante ricercatore (Professore universitario). Direttore del laboratorio “Motricité, Interactions, Performance” (EA 4334) Co-responsabile pedagogico della specialità “Mestieri dell’Insegnamento e della Formazione: “Educazione fisica e Sportiva” (MEF-EPS) Master STAPS. (Sciences et Techniques des APS)

Temi di ricerca

  • Ergonomie cognitiva delle situazioni sportive: le dimensioni collettive dell’attività sportiva in educazione fisica.
  • Attività e apprendimento degli allievi in Educazione Fisica e Sportiva: relazioni di cooperazione e di competizione, relazione tra coetanei nei compiti di apprendimento.
  • Attività e performance collettive: cooperazione all’interno di equipaggi ristretti (vela, canottaggio), decisione collettive. – Interventi di insegnanti e allenatori: relazione allenatore / atleta.

È una certezza: ci sono allenatori “bravi” e “meno bravi”. I primi portano i loro atleti alla vittoria, gli altri no. Anche se questa convinzione è ampiamente condivisa è comunque difficile riuscire a determinare le caratteristiche di un buon allenatore.

La sua efficacia è basata su disposizioni personali? Su alcuni comportamenti specifici? Dal suo bagaglio culturale? O da un suo modo di intervento con i suoi atleti?

Il dibattito sull’efficacia degli allenatori alimenta le analisi dei commentatori sportivi e i pensieri delle persone comuni. Alcuni sono considerati “produttori di campioni”, possessori di qualità eccezionali, una “scienza” nello sport nel quale loro allenano, un carisma e una forza di convinzione che permette agli atleti di superare se stessi. Bela Karolyi è stato uno degli allenatori più famosi della storia della ginnastica. Dopo aver guidato Nadia Comaneci sul gradino più alto del podio in occasione dei Giochi Olimpici di Montreal nel 1976, ed aver permesso alla squadra rumena di ottenere un numero record di medaglie, egli riconfermerà questa impresa a Los Angeles nel 1984, con la ginnasta americana Mary Lou Retton (dopo essere emigrato negli Stati Uniti).

Ogni comunità sportiva possiede queste figure emblematiche, a volte assai conosciute dal grande pubblico oltre ai campioni che allena. Questo è il caso, per esempio, di Aimé Jacquet nel calcio, di Daniel Costantini nella pallamano, Maurice Houvion, Jacques Piasenta, Tom Tellez o John Smith in atletica.

Tuttavia, è difficile identificare la giusta influenza dell’allenatore sulle prestazioni degli atleti: come si può essere certi che con qualsiasi altro allenatore diverso da Bela Karolyi, Nadia Comaneci o Mary Lou Retton non avrebbero avuto lo stesso successo? Su quali basi si misura questa efficacia quando non sono loro quelli che realizzano le prestazioni che portano loro prestigio?

L’efficacia degli allenatori è oggetto di ricerca scientifica dagli anni ’70, in un’ottica di ottimizzazione della prestazione, nella formazione e sviluppo della loro professionalità. Una doppia tendenza è rilevabile nella storia di questa ricerca:

  • La prima si è sviluppata da un approccio essenzialmente basato sui comportamenti ovvi degli “allenatori di successo” considerando in modo sempre più marcato le loro cognizioni (i loro pensieri, le loro decisioni, le loro conoscenze, quale significato danno alle loro azioni); (“allenatore di successo” è una traduzione letterale della parola inglese “more successful coach”. L’espressione “allenatore efficace” può sembrare più appropriato nella nostra lingua, ma ho preferito fare la scelta di stare il più vicino possibile alla terminologia iniziale).
  • La seconda riflette un’evoluzione dell’idea di efficacia dell’allenamento, inizialmente concepita come essenzialmente dipendente dalle competenze dell’allenatore e poi gradualmente come una proprietà inerente alle modalità di interazione* tra allenatori e atleti (che considera l’expertise* dell’uno e dell’altro). Per estensione, questa efficienza è stata attribuita a più situazioni globali che hanno coinvolto l’attività collettiva di allenatori, atleti, parti interessate, specialisti, dirigenti, nonché diversi elementi del contesto della preparazione sportiva (sostegno del club, della famiglia, condizioni della pianificazione degli studi o della vita professionale, ecc.).

I comportamenti degli “allenatori di successo”

I primi ricercatori che hanno tentato di spiegare l’efficacia degli allenatori avevano l’ambizione di fondare una “scienza dell’allenamento” (science of coaching) partendo dall’osservazione sistematica dei comportamenti degli allenatori. Coloro che per primi si sono interessati sono stati logicamente gli allenatori di quegli atleti o di quelle squadre che erano particolarmente bravi. Lo studio pionieristico di R.G.Tharp e R. Gallimore è stato condotto con John Wooden, un allenatore di basket americano che ha goduto di una reputazione eccezionale. Ha allenato il team UCLA Bruins di Los Angeles, che ha conquistato un palmares di successi senza precedenti nel Campionato americano professionistico. Si trattava quindi per i ricercatori, di descrivere oggettivamente e con precisione i suoi comportamenti in allenamento e in competizione per identificare le ragioni per tale efficienza.

Questo studio ha avviato un’importante linea di ricerca, dove l’obiettivo era quello di differenziare “modelli comportamentali*” (behavior patterns) degli allenatori in relazione al loro livello di successo (determinato sulla base delle prestazioni ottenute in periodi prolungati degli atleti da loro seguiti). Venivano così distinti gli “allenatori di successo” (more successful coaches) e “allenatori a minor successo” (less successuf coaches). Negli sport di squadra, ad esempio, il criterio della classifica era il rapporto tra il numero di vittorie e il numero di sconfitte nel corso di più anni (record di vittorie/sconfitte): John Wooden, che era l’archetipo di un “allenatore di successo”, ha esibito un rapporto di 620 vittorie e di 147 sconfitte dopo 27 anni passati alla guida dei Bruins.

Un profilo comportamentale è una configurazione statistica di opportunità e di comportamenti discreti*, appartenenti a categorie predefinite (ad es. “dare un feedback all’atleta” o “Incoraggiare l’atleta”). Questa prospettiva di ricerca si caratterizzata attraverso metodi di osservazione sistematica dei comportamenti.

Gli strumenti di osservazione utilizzati sono stati inizialmente ispirati da quelli sviluppati nell’analisi dell’insegnamento, successivamente sono stati progettati strumenti specifici per l’uso nel contesto sportivo.  Essi furono sviluppati per consentire agli osservatori di segnalare rapidamente ogni evento comportamentale osservato in categorie prestabilite, secondo due possibili tecniche:

  • La “codifica degli eventi” (ogni comportamento è codificato come un evento);
  • “L’intervallo di codifica” (ogni unità di codifica corrisponde a un intervallo di tempo predefinito).

Questi strumenti sono stati utilizzati per la prima volta con l’osservazione diretta, sul terreno, poi la ripresa video ha gradualmente aumentato l’affidabilità del rapporto di osservazione consentendo la codifica differita e facilitando il controllo da parte di un secondo ricercatore. La procedura di osservazione è stata convalidata dal calcolo del livello di accordo tra le codifiche fatte separatamente da due osservatori.

In ogni ricerca, i dati di osservazione sono stati oggetto di un’analisi statistica (che è stata gradualmente informatizzata) mettendo in evidenza i profili comportamentali degli allenatori.

Cinque caratteristiche generali caratterizzano il profilo comportamentale degli “Allenatore di successo”:

  • Manifestano principalmente “comportamenti istruttivi” dedicando la maggior parte dei loro interventi a consigli precedenti alla competizione, a correzioni nel corso dell’azione e a feedback;
  • Forniscono numerosi feedback agli atleti, li informano sulle loro prestazioni individuali in modo rilevante e intenso;
  • Incoraggiano e stimolano gli atleti, i loro interventi manifestano un rapporto elogio/rimprovero;
  • Ascoltano gli atleti e richiedono frequentemente domande e richieste di chiarimento;
  • Gestiscono efficacemente l’organizzazione materiale delle sessioni di allenamento.

Comportamenti di un “allenatore di successo” nell’hockey su ghiaccio

Paul è stato osservato durante una partita che la sua squadra ha disputato nel Campionato Nazionale. I suoi comportamenti sono stati registrati su video, quindi codificati sull’intera partita ad intervalli di 6 secondi.

Paul ha trascorso il 51% del tempo a guardare la partita in silenzio, a quanto pare molto concentrato. I suoi interventi verbali sono stati distribuiti come segue:

  • 15% del tempo della partita per organizzare la squadra (ad esempio per effettuare il cambio giocatore, imporre dei time-out , ecc.);
  • 11% del tempo della partita per fornire consigli tecnici o tattici ai giocatori;
  • 8% del tempo dell’incontro per dirigere il gioco (ad es. Imporre uno schema strategico);
  • 7% del tempo della partita per incoraggiare e motivare i giocatori;
  • Nel restante 8%, l’allenatore ha svolto varie azioni di “coaching”

Questi tratti riflettono tendenze statistiche, ma l’osservazione di molti “allenatori di successo” in diverse situazioni di allenamento o di competizione fornisce diversi contro-esempi.  Si evidenzia la variabilità di questi comportamenti in base ad alcuni elementi:

  • La specificità della disciplina sportiva interessata (le possibilità di intervento degli allenatori sono molto diversi nel calcio, nel tennis, nella ginnastica, in atletica leggera o nel nuoto);
  • Le caratteristiche degli atleti (livello, età, sesso, la loro esperienza, ecc.);
  • Le caratteristiche generali delle situazioni (in quali momenti durante la stagione? Se si tratta di una sessione di allenamento o di una competizione? ecc);
  • Le circostanze locali dell’attività di allenamento (es: il tempo di gioco o differenza nel punteggio durante una partita).

Quindi, anche se la formazione degli allenatori è stata influenzata dalla definizione dei comportamenti tipici degli “allenatori di successo”, l’idea di una relazione causale tra comportamenti e l’efficacia degli allenatori appare oramai riduttiva. Questi comportamenti inoltre, devono essere inseriti in un contesto che conferisce loro un carattere più o meno appropriato, d’altra parte, sono inseparabili da “cosa pensano gli allenatori”, cioè, obiettivi, preoccupazioni, giudizi o ragionamenti che li portano ad adottare questo o quel comportamento.

IN SINTESI

  • L’efficacia degli allenatori è stata inizialmente attribuita al loro comportamento in situazione, più o meno efficaci.
  • Profili tipici di “allenatori di successo” sono stati stabiliti statisticamente, partendo dalle osservazioni sul loro comportamento in allenamento e in competizione.
  • Queste ricerche non sono in grado di spiegare la variabilità dei comportamenti degli allenatori, in particolare nel contesto del loro intervento

Le “buone decisioni” degli allenatori

L’analisi dei soli comportamenti osservabili non dà accesso che alla parte emergente dell’”Iceberg”, che costituisce l’attività degli allenatori. Quando un allenatore interviene verbalmente nei confronti di un atleta durante un allenamento collettivo, questo intervento proviene da una serie di disposizioni e decisioni per natura invisibili: quali elementi ha preso in considerazione per intervenire? Perché in questo preciso momento? In questo modo preciso? E rivolgendosi a quell’atleta? Aveva già deciso di insistere su questo punto in particolare nella preparazione della sua sessione di allenamento? La decisione è stata presa osservando il comportamento dell’atleta?

La crescente diffusione di modelli e metodi della psicologia cognitive* ha aiutato a cambiare il design dei fattori responsabile dell’efficacia dell’allenamento. Questo non è più associato a comportamenti ma, a processi di pianificazione*, alle decisioni oppure a valutazioni alla base di questi comportamenti, vale a dire ai “pensieri” degli allenatori.

La maggior parte delle ricerche si è basata sulla distinzione tra pianificazione e interazione. La pianificazione riguarda l’anticipazione della preparazione della sessione di allenamento in assenza degli atleti. L’interazione risulta dall’attuazione e dall’adattamento di piani/strategie in presenza degli atleti, secondo l’evoluzione della situazione. Una delle ipotesi di questa ricerca, comparare cioè l’alta efficacia degli allenatori esperti rispetto a quella degli allenatori inesperti, può essere spiegata dalla natura delle attività cognitive che essi mettono in gioco nelle fasi di pianificazione e di interazione.

Come accedere alle decisioni degli allenatori esperti e principianti nel basket?

In un recente studio, D. F. Jones e colleghi hanno confrontato l’attività di allenatori esperti e inesperti nella preparazione di una sessione di allenamento di basket, e quindi nella sua attuazione. Gli allenatori esperti hanno soddisfatto i seguenti criteri: almeno otto anni di coaching di alto livello, un successo prolungato con i loro atleti durante questo periodo, il riconoscimento della loro competenza da parte dei loro coetanei, un investimento professionale significativo e il possesso di un diploma di insegnante riconosciuto. Al contrario, gli allenatori inesperti avevano solo uno o due anni di allenamento con le squadre scolastiche. Si trattava di studiare le cognizioni di questi allenatori durante la pianificazione e durante la fase di interazione con i giocatori. In questo studio sono stati usati due metodi complementari, la procedura “pensiero” ad alta voce e il” richiamo stimolato “:

  • La procedura “pensare ad alta voce” è stata utilizzata nello studio della pianificazione. Agli allenatori è stato chiesto di preparare una sessione di allenamento di 30 minuti, il cui obiettivo era quello di insegnare il “pass-and-go” a un gruppo di giovani giocatori di basket alle prime armi e di esprimere ad alta voce i propri pensieri durante questa preparazione. Le verbalizzazioni degli allenatori sono stati registrati e le loro note di preparazione sono state consegnate;
  • Il “richiamo stimolato” definisce genericamente una serie di procedure basate sull’espressione a posteriori di commenti relativi alla sua attività da parte di un attore di fronte a una registrazione video dei suoi comportamenti. I ricercatori hanno filmato gli allenatori durante la sessione di allenamento e poi li hanno confrontati con il video delle loro interazioni con i giocatori chiedendo loro di ricordare e spiegare le diverse decisioni che hanno preso durante queste sequenze. Le domande utilizzate dai ricercatori sono state ispirate da un modello algoritmico del processo decisionale degli insegnanti.

Le differenze che appaiono tra l’attività di pianificazione e di decisione interattiva di allenatori esperti e principianti sono diverse.

Per quanto riguarda la pianificazione, gli allenatori esperti:

  • Preparano gli allenamenti con più attenzione e precisione;
  • Danno la giusta considerazione alle informazioni relative al livello di abilità e alle caratteristiche dei praticanti;
  • Definiscono i loro obiettivi in ​​modo più preciso e progressivo;
  • Progettano strategie di intervento e criteri di valutazione dei praticanti in modo più esplicito.

Nella fase interattiva, gli allenatori esperti tendono, rispetto agli allenatori alle prime armi:

  • A mantenere i loro piani;
  • Ad adattare le situazioni in modo coerente con i loro obiettivi;
  • A fornire un feedback accurato e pertinente agli operatori.

Inoltre, gli allenatori esperti tengono conto, nelle loro decisioni, di un gran numero di informazioni (diversificate) relative a circostanze particolari delle situazioni alla loro conoscenza, dagli atleti alla disciplina sportiva, ecc. Per fare questo attuano una temporalità più ampia rispetto alla situazione di allenamento o di competizione.

La molteplicità degli elementi presi in considerazione nella decisione di un allenatore

A Michel, un allenatore di calcio, è stato chiesto di commentare retrospettivamente le sue decisioni durante una partita di campionato. Ha spiegato nel modo seguente il cambio di giocatore deciso al 24° minuto del primo tempo: “Avevamo iniziato molto male … già due gol subiti dopo 20 minuti … Sapevo che dovevo rafforzare la squadra in attacco, ma in realtà, non volevo cambiare così presto, pensavo potesse essere destabilizzante, causare una perdita di fiducia nella nostra strategia … Perché questi due goal, non erano … erano davvero eccezionali … non hanno cambiato l’intera strategia … Per me, tutto andava ancora bene, ma era ancora necessario rafforzare l’attacco … Ho esitato tra Peter o Jeff, ma entrambi erano molto motivati, non è stato facile …Successivamente ho visto che Jeff ha iniziato ad innervosirsi, a fare errori e, quando è in questo stato d’animo ha problemi a sviluppare il suo gioco, a costruire serenamente … Lui ne è consapevole, ne abbiamo discusso spesso insieme. Superato lo shock dopo alcuni minuti, abbiamo iniziato a giocare bene, quindi ho preferito aspettare … Ma, quando l’arbitro ha dato un cartellino giallo a Jeff, mi sono detto che era il momento. Non potevo correre il rischio di un nuovo errore e di un’espulsione. Quindi ho chiesto a Jeff di uscire e Marc lo ha sostituito. Non ci sono stati problemi. Lui ha immediatamente capito che era meglio per tutti. “

In questo esempio, l’allenatore prende la sua decisione tenendo contemporaneamente conto delle informazioni relative agli eventi e alle circostanze del gioco, della conoscenza della gestione del rapporto di forza nel calcio, delle reazioni della sua squadra, della personalità dei suoi giocatori, ecc.

Questi studi mettono in evidenza che gli allenatori esperti utilizzano un repertorio più esteso di routine* ed elementi decisionali alternativi memorizzati dalla loro esperienza (“quando Peter è in questo stato di ansia prima di una competizione so che è meglio non lasciarlo solo, e necessario parlare, rassicurarlo … “). Essi ragionano esaminando più ipotesi (“se …, poi …”), supportati dalle loro conoscenze dello sport e del compito di allenamento considerato. Costruiscono anche piani più flessibili, i cui adattamenti sono previsti e conosciuti.

IN SINTESI

  • Il lavoro degli allenatori può essere concepito come un’attività di pianificazione e di processo decisionale.
  • In questa prospettiva, la loro efficacia è legata all’adeguatezza di queste decisioni, alle situazioni e alla pertinenza delle informazioni e conoscenze messe in gioco

L’ “expertise” degli allenatori

La ricerca sulla “expertise” degli allenatori proviene dal lavoro pioneristico di un team di ricercatori nei primi anni ‘90. Secondo loro, l’efficacia degli allenatori dipende fondamentalmente da una base di conoscenze in gran parte implicite, sviluppate attraverso una ricca esperienza come sportivo e poi come allenatore. Questa idea è stata ispirata da alcune ricerche più generali basate sull’expertise umana nella psicologia cognitiva, che ha cercato di spiegare risultati eccezionali ottenute in campi così diversi come il gioco degli scacchi, la diagnosi medica, la musica o lo sport.

La natura e l’organizzazione della loro conoscenza è stata assunta per dare ad alcuni allenatori competenze paragonabili a quello manifestate dai migliori giocatori di scacchi, i migliore medici, i migliori musicisti … Una delle originalità di questa prospettiva era considerare gli allenatori come i titolari di expertise.

Il lavoro dei ricercatori è essenzialmente consistito nel garantire che gli allenatori esplicitino* le loro conoscenze, per successivamente formalizzarle come modelli di conoscenza*.

J. Côté ed i suoi colleghi hanno proposto cinque criteri di selezione per allenatori esperti che partecipano agli studi:

  • Il livello dei loro atleti (senior e integrati nelle squadre federali ufficiali nelle competizioni nazionali e internazionali);
  • La loro esperienza come allenatore (almeno 10 anni);
  • Il livello raggiunto come atleta (regionale, nazionale o internazionale);
  • Il successo ottenuto come allenatore (avendo “formato” almeno due atleti di livello nazionale e atleta di livello internazionale);
  • Riconoscimento dell’ambiente sportivo (sono riconosciuti come esperti dai loro pari e dall’istituzione sportiva).

Come accedere alla conoscenza implicita degli allenatori? Un esempio in ginnastica

Questo studio è stato condotto con diciassette allenatori esperti di ginnastica selezionati dagli allenatori nazionali statunitensi e canadesi. I dati sono stati raccolti durante interviste chiamate “non strutturate” o “approfondite”, ispirate a metodi etnografici. L’obiettivo era fare in modo che gli allenatori spiegassero i loro punti di vista nel modo più preciso possibile, sulla base di domande aperte e quindi di sollecitazioni improvvise nel corso del colloquio. La guida all’intervista consisteva in domande come “Che cosa fate durante una competizione?” “Mi puoi dare esempi di situazioni difficili in competizione? “Descrivi cosa è successo e cosa hai fatto.” Nell’intervista i ricercatori hanno utilizzato la lingua e il quadro di riferimento degli allenatori e sono rimasti neutrali rispetto ai loro punti di vista. Per analizzare queste verbalizzazioni, i ricercatori hanno seguito l’approccio induttivo della grounded theory.  [La Grounded theory è un metodo di indagine che si prefigge di studiare un fenomeno dal basso, cioè di costruire delle teorie a partire dall’osservazione.]

Questo ci ha permesso di costruire il sistema di categorie emersei dai dati che rappresentano l’organizzazione delle conoscenze degli allenatori. Si trattava di formulare letteralmente le conoscenze rese esplicite dagli allenatori, elencarle e raggrupparle in base ai temi a cui si riferivano (ad esempio la gestione della motivazione degli atleti o la pianificazione dell’allenamento).

Le conoscenze degli allenatori esperti si sono rivelate estremamente composite: formando reti complesse di diverse categorie. J.Côté e i suoi colleghi hanno modellato la struttura generica delle conoscenze degli allenatori (coaching model* CM) partendo da cinque componenti generali, Il CM integra le conoscenze relative a:

  • L’obiettivo perseguito (lo sviluppo degli atleti);
  • Il processo di allenamento (coaching process*: allenamento, competizione, organizzazione e valutazione del potenziale degli atleti);
  • Le caratteristiche personali dell’allenatore;
  • Le caratteristiche personali degli atleti;
  • Fattori di contesto.

Per questi autori, le conoscenza utilizzate durante l’azione dagli allenatori sono modelli mentali*, cioè delle configurazioni, delle conoscenze che si riferiscono a diverse categorie, in stretta interazione.  Esse possono assumere la forma di casi o scenari tipici, aggregando sincreticamente molteplici dimensioni di situazioni di allenamento.

Queste conoscenze hanno anche un carattere dinamico. B. Bloom e i suoi colleghi hanno dimostrato, ad esempio, come le routine competitive degli allenatori fossero strettamente dipendenti dall’inserimento della competizione dentro un determinato periodo nella stagione. Queste routine sono regolate o modificate nel corso di ciascuna delle competizione in base al contenuto delle sessioni di allenamento precedente. Quindi, le conoscenze degli allenatori sono in perenne ristrutturazione durante le situazioni di allenamento e di competizione.

La complessità e il dinamismo delle conoscenze degli allenatori esperti stanno anche rivelando la natura delle situazioni di allenamento e competizione. Spesso affrontano queste situazioni con problemi mal definiti che richiedono loro di agire rapidamente e con incertezza. La complessità di queste situazioni obbliga gli allenatori ad implementare l’attività di interpretazione dei problemi da risolvere e cercare soluzioni adeguate.

IN SINTESI

  • L’expertise dell’allenatore è simile a quella dei migliori praticanti e professionisti in diversi settori.
  • Essa è legata alla natura e all’organizzazione della conoscenza (essenzialmente tacite) che consentono loro di adattarsi efficacemente alla singolarità delle situazioni incontrate.

L’efficacia della collaborazione allenatore/atleta e situazioni di allenamento

Nelle tre parti precedenti, l’efficacia dell’allenamento è stata riconosciuta essere essenzialmente dipendente dall’allenatore. I fattori che evidenziano questa efficacia sono rispettivamente associati ai loro comportamenti, alle loro decisioni e alle loro conoscenze.

Questa visione dell’efficacia e dell’expertise dell’allenatore è stata tuttavia messa in discussione, da una parte, da constatazioni empiriche correnti, dall’altra parte da alcuni recenti lavori di ricerca.

Si evidenzia per esempio, che il successo può fluttuare nel tempo: alcuni allenatori che hanno ottenuto dei successi importanti durante una stagione sportiva o una Olimpiade, possono rivelarsi meno performanti nella stagione o nell’Olimpiade successiva. Allo stesso modo, alcuni allenatori che sono stati capaci di condurre una squadra al più alto livello, cambiando club, conseguono insuccessi inattesi.

Si osserva inoltre come, allenatori che hanno ottenuto successi di livello assoluto, si vedano in difficoltà nel momento in cui si trovano a relazionarsi con atleti di livello inferiore.

Tutte queste osservazioni mettono in discussione il concetto stesso di efficacia e di expertise degli allenatori. In effetti così come è facile valutare il carattere eccezionale delle prestazioni ottenute da un atleta o da un gruppo di atleti, come oggettivare la prestazione degli allenatori?

A prima vista, tutto sembra dipendere dalle prestazioni degli atleti che allenano. Pertanto, le buone prestazioni, di un atleta non accreditano necessariamente il suo allenatore di una expertise particolare. Come si può essere certi che lo stesso atleta, a causa del suo talento, non avrebbe realizzato delle prestazioni equivalenti con un altro allenatore? Come valutare l’influenza di un allenatore sulle prestazioni dei suoi atleti?

L’efficacia (o l’expertise) degli allenatori dipende anche da contesti o dalle situazioni di preparazione sportiva. Come abbiamo visto nella sezione precedente, i ricercatori hanno gradualmente preso in considerazione una pluralità di criteri, senza limitarsi alle sole prestazioni degli atleti, ma considerando anche la continuità delle prestazioni ottenute.

Altri ritengono che l’efficacia del processo di allenamento non sia legato solo ad alcune qualità o abilità degli allenatori, ma che sia il risultato delle modalità di interazione tra allenatore e atleti, così come le dinamiche complessive delle situazioni di allenamento. In questa prospettiva, l’allenamento è inteso come “lavoro collettivo” (o una “collaborazione allenatore/atleta”) e le situazioni di allenamento come “situazioni di aiuto alla prestazione”, la cui efficacia è generata dalle dinamiche collettive globali.

Una serie di studi recenti, condotti con squadre di alto livello in diversi sport ha svelato due caratteristici importanti aspetti della collaborazione allenatore/atleta, soggetti ad influenzarne l’efficacia. La prima si evidenzia attraverso la “regolazione congiunta” dell’allenamento, che si traduce in una negoziazione permanente tra l’allenatore e gli atleti, nonché con aggiustamenti reciproci per “co-pilotare” il processo di allenamento.

Questa regolazione congiunta mostra le proprietà di auto-organizzazione del sistema allenatore/atleta tale da soddisfare in modo adeguato ed efficace situazioni complesse e dinamiche, non prevedibile e singolari. Essa mette in gioco con modi più o meno espliciti una divisione delle responsabilità e delimita i margini di autonomia per gli allenatori e gli atleti nella concezione e nella gestione del processo di allenamento. Le decisioni non sono solo appannaggio del solo allenatore: gli atleti partecipano in modo essenziale in questa attività decisionale.

Ad esempio, durante le sessioni di allenamento di vela, gli allenatori olimpici e i loro atleti si impegnano in una trattativa (essenzialmente) tacita, che contribuisce a un dosaggio ottimale delle limitazioni e favorisce a priori l’efficacia del training. La seconda caratteristica importante di questa collaborazione si basa su un “referenziale comune”, vale a dire un insieme di regole di funzionamento esplicite o implicite, imposte o elaborate congiuntamente (per negoziazione). Questo referenziale presuppone l’esistenza di conoscenze condivise da parte dell’allenatore e dell’atleta: conoscenza intima delle sensazioni legate alla pratica, alla conoscenza simmetrica dall’allenatore all’atleta e dall’atleta all’allenatore basato sulla storia delle loro relazioni. Le decisioni delle azione sono prese sulla base di questa conoscenza e da esperienze condivise.

La collaborazione tra allenatore e atleti non è organizzata quindi secondo un modo di operare che accoglie le caratteristiche che F-J.Varela chiama “di comando*”, ma si basa sul sistema autonomo, da ciò ne deriva la fattibilità e l’efficacia delle sue proprietà di auto-organizzazione, in altre parole, l’efficacia del lavoro collettivo dell’allenatore e degli atleti deriva dalla coordinazione dinamica delle loro attività in situazioni particolari e in un periodo di tempo più o meno lungo. Essa dipende dalla “funzionalità” del rapporto allenatore – atleta (cioè dal carattere più o meno efficace della coordinazione delle attività dei protagonisti) che può assumere delle forme diverse da una situazione all’altra o da una comunità sportiva ad un’altra.

Uno studio comparativo nel tiro con l’arco maschile e nello judo femminile ha rivelato delle modalità di interazione estremamente contrastanti, valorizzando, nel primo caso, una cooperazione allenatore/atleta alla ricerca dell’autonomia degli atleti e, nel secondo caso, una relazione relativamente autoritaria e gerarchica tra allenatore e atleti. Tuttavia, queste modalità di interazione possono essere ugualmente funzionali ed efficaci, in un contesto federale e in relazione alle culture di allenamento diverse.

In questo modo, l’efficacia è concepita come una proprietà emergente di azioni collettive e di caratteristiche globali delle situazioni: essa dipende contemporaneamente dalle attività di numerosi attori (allenatori, atleti, specialisti, dirigenti sportivi, ecc., ma anche organizzazione federale nei momenti della stagione, ecc.) Questo punto di vista invita a considerare l’expertise come una proprietà delle situazioni (si potrebbe di conseguenza parlare di “situazioni esperte” *), e non come elemento legato solo alle abilità dell’allenatore. Mentre il ruolo dell’allenatore rimane essenziale per aiutare a far emergere le “competenze situazionali”, in quanto fondamentalmente prodotte dalla dinamica globale di queste situazioni.

IN SINTESI

  • L’efficacia della formazione è il risultato della collaborazione tra l’allenatore e gli atleti e le dinamiche generali delle situazioni di allenamento.
  • L’expertise è una proprietà dell’attività collettiva di allenatori, atleti, specializzati, leader, ecc., che emergono da situazioni più o meno “conosciute”.

Domande sul testo

  • Gli “allenatori di successo” dimostrano comportamenti tipici che li distinguono dagli allenatori”di minor successo”?
  • In che modo le competenze degli allenatori possono essere collegate al loro modo diprendere le decisioni?
  • Quali criteri possono essere utilizzati per definire le competenze degli allenatori?
  • L’efficacia dell’allenamento può essere considerata principalmente come il
  • risultato dell’esperienza dell’allenatore?
  • Come possiamo parlare di “competenza in situazioni” piuttosto
  • che di “competenze dell’allenatore”?

Titolo originale: Qu’est-ce qu’un entraîneur expert ?

Traduzione e adattamento di:

Graziano Camellini

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