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CHI MI CONOSCE MEGLIO?

di Redazione Spot e Sportin Lo Psicologoon Pubblicato il 7 Maggio 20207 Maggio 2020

Una domanda per aumentare l’autostima e prevenire il bullismo

Di Matteo Faberi

Con questo articolo vorrei proporre un semplice spunto di riflessione a genitori, educatori, insegnanti, istruttori sportivi, riguardo ad una possibile chiave di lettura della bassa autostima che porta bambini e ragazzi a diventare vittime del bullismo.

Provate a proporre una semplice domanda ad un bambino che frequenta la scuola dell’infanzia, o a un ragazzino che frequenta la scuola primaria, o a un ragazzo che frequenta la scuola secondaria: «Chi è la persona che ti conosce meglio? Chi è la persona che ti conosce di più?». Quasi sempre, tra le risposte c’è la mamma, il papà, l’insegnante, il migliore amico, l’istruttore sportivo, la nonna, ecc. La domanda può essere posta in termini diversi: «Se devo chiedere a una persona tutto su di te (cosa sai e non sai fare, cosa ti piace, cosa hai fatto, come stai, ecc.), a chi è meglio che chiedo per ottenere una risposta completa?». La risposta spesso non cambia.

Molte volte, occorre anche un’ora di dialogo e riflessione per aiutare l’educando a maturare la risposta più vera: «Io! Io mi conosco più di quanto mi conoscano gli altri!». Questa consapevolezza diventa una chiave di volta per lo sviluppo della personalità di ciascuno.

Perché?

Nella società di oggi, già a partire dai primi anni di vita, la costruzione della propria identità è frenata dalla troppa importanza data al modo in cui si è considerati dalle altre persone, rispetto alle modalità con cui ognuno conosce se stesso. Spoladore descrive in modo chiaro ciò che avviene: “Puoi rinnegare la tua vera essenza, per paura che gli uomini non ti comprendano. Puoi assecondare desideri e opinioni degli altri, per paura che gli uomini non ti ascoltino e ti lascino solo. Puoi rinnegare i tuoi ritmi interiori, per paura di non stare a tempo con gli uomini. Puoi far tacere la tua coscienza e zittire il tuo corpo, per paura di non essere considerato”. Questa modalità di esistenza crea ed accresce, grazie ad un circolo vizioso, un sempre maggiore “bisogno fisiologicopsicospirituale che non ha eguali in nessun altro bisogno dell’uomo: il protagonismo. Il protagonismo spinge a mostrare di noi quello che non siamo, ma vorremmo essere, quello che non vorremmo mai essere, ma dobbiamo mostrare per assecondare le aspettative degli altri. Il protagonismo accelera la competizione fino  alla sfida e poi fino alla lotta e alla reciproca distruzione. Determina  l’affanno da prestazione, lo sforzo titanico e continuo di ottenere risultati, nella ricerca sfrenata di essere all’altezza delle aspettative e per non sentirsi inadeguati. Si sfama di applausi e gratificazioni, […], chiede sacrifici inauditi, svendita di se stessi, del proprio corpo e della propria identità” (Spoladore 1999).

“Questi meccanismi creano già nei ragazzi la propensione a togliere la propria attenzione da sé, dall’ascolto e dall’espressione del proprio corpo, delle proprie emozioni e sentimenti. Una flebile percezione della propria identità può essere alla base di difficoltà nell’autocontrollo, nella consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità, nell’autostima e nell’armonia dei rapporti interpersonali” (Faberi et al. 2015, p. 88).

In risposta a questi circoli viziosi, ogni educatore può far riflettere bambini e ragazzi, ricordando loro la domanda chiave: «Chi ti conosce di più?».

«Io mi conosco meglio di quanto mi conosce qualsiasi altra persona!».

“Questa frase è la chiave dell’autostima, sempre più carente quanto importante nella società odierna. La mancanza di questa consapevolezza è spesso la lacuna psicologica principale in bambini e ragazzi: quando vengono scherniti dai compagni e non sanno se forse gli  amici hanno ragione; quando gli insegnanti pretendono la perfezione o trattano l’alunno come un minorato; quando le aspettative dei genitori sono eccessive o minime” (Faberi 2019, p.86).

Anche in ambito sportivo, la consapevolezza di conoscersi più dei compagni, dell’allenatore, degli avversari, è fondamentale per maturare una buona consapevolezza sia delle proprie capacità che del limite. L’allenatore, oltre a far riflettere il giovane sportivo attraverso il dialogo, può incentivare l’autostima proponendogli degli obbiettivi gradualmente più alti, ma alzando l’asticella piano piano, e abituando l’educando ad auto valutare le proprie capacità ed a credere in sé stesso.

In famiglia, dal canto loro, i genitori dovrebbero creare “un clima educativo che valorizzi e rispetti il bambino, donandogli regole, ma al contempo responsabilizzandolo, lasciandogli la libertà di pensiero e di essere orgogliosamente diverso da genitori e fratelli. Ogni bambino è così libero e fiero di scoprire la sua unicità” (Faberi, Aufiero 2020).

BIBLIOGRAFIA

Faberi M. (a cura di), 2019, Bambini e ragazzi che chiedono aiuto, Edizioni del Rosone, Foggia.

Faberi M., Aufiero F., 2020, Passo dopo passo, Edizioni del Rosone, Foggia, prossima pubblicazione.

Faberi M., Bertella F., Shytaj A., Micheli D., Grasselli K., Zanini M., “Alla scoperta del proprio corpo, sensazioni ed emozioni. Un’esperienza nella scuola primaria”, educare.it, vol. 15, n. 7, 2015.

Spoladore P., Non abbiate paura, Usiogope srl, Lavis (TN) 2012, pp. 121, 681, et cfr. Bowlby J., Attaccamento e perdita, 2^ed., Bollati Boringhieri editore srl, Torino 1999.

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