
Il corretto utilizzo dell’attività multidisciplinare, pur con i limiti che ne sono propri, porta a vantaggi e svantaggi che devono essere attentamente valutati dall’allenatore. Nella prima parte abbiamo visto come l’esperienza di campo consente di affermare che la multidisciplinarità applicata nella sua forma più diretta, sia adatta ad individui ben dotati, persone in possesso di requisiti istintivi elevati, atleti che possono permettersi di passare agevolmente da una specialità all’altra, assecondati dalle abilità di cui sono forniti da mamma natura.
Riprendiamo a parlare dell’aspetto multidisciplinare e di tutti i vantaggi e svantaggi che offre rispetto ad un percorso multilaterale. Nella prima parte dell’articolo eravamo arrivati a parlare delle uguaglianze e discrepanze che questo metodo di lavoro si trova ad affrontare quando deve fare da base all’espressione specialistica. Lo facciamo prendendo in considerazione due aspetti spesso trascurati, riferibili alle peculiarità che le esercitazioni possiedono rispetto le singole specialità e in quali ambiti dissonanze e assonanze possono essere utilizzate.
Le dissonanze, quindi le diversità, sono spesso collegate agli aspetti biomeccanici del gesto e ad esempio inducono il tecnico ad evitare che un lunghista si dedichi al salto in alto quando esprime un errore di puntello nell’approcciare allo stacco. Essendo il lungo una specialità dove lo stacco viene realizzato con una “presa dall’alto”, dedicarsi al salto in alto porterebbe ad appropriarsi di ulteriori informazioni negative.
Le assonanze risultanoinveceespressioni portatrici di uguaglianze, di valori che possono essere utilizzati per rafforzare un’idea tecnica rendendola più incisiva. Ecco che la stessa azione che precedentemente ci aveva indotti ad evitare l’approccio ora diventa motivo d’interesse per rafforzare nel saltatore in alto o nel giavellottista l’idea di trasferimento della velocità in verticale oppure all’attrezzo nella fase finale di salto o del lancio.
Per rendere più ampia e completa l’idea bisogna rifarsi ad alcuni esempi relativi a dissonanze ed assonanze che si possono trovare nelle varie specialità:
- Assonanze:
- Gli esercizi di rotazione del lancio del martello portano a far migliorare sensibilità ed equilibri nel lancio del disco. Utile però essere consapevoli che queste esperienze non condurranno ad appropriarsi di una corretta tecnica rotatoria nel lancio del disco perché risultano assai diverse le tecniche esecutive.
- La progressività accelerativa è un aspetto presente in quasi tutte le specialità dell’atletica leggera;
- L’avvicinamento allo stacco di un salto in lungo, triplo e con l’asta hanno in comune alcuni elementi;
- Se le esercitazioni del salto con l’asta non possono risolvere le dinamiche dei salti in estensione, sono in grado di contribuire a migliorare e curare alcune posture del busto nel lungo o triplo.
Dissonanze:
- Le partenze fino al primo ostacolo e quelle della velocità pura abbisognano di posture completamente diverse e appaiono quindi differenziate le espressioni con le quali vengono realizzate;
- L’atteggiamento posturale nella tenuta dell’attrezzo da parte del martellista e del discobolo si differenziano notevolmente;
- L’espressione ritmata nei 400 ad ostacoli appare condizionata notevolmente dalla metrica imposta tra le barriere ed esprime notevoli diversità con l’interpretazione ritmica del 400ista che corre sul piano.
Voglio infine ricordare come sotto il profilo organico esistano problematiche e soluzioni equivalenti. A volte gli allenatori fanno correre distanze inferiori per abituare gli atleti a ritmi e modalità agonistiche più dinamiche, utilizzando quindi competizioni similari. Il che può essere ricondotto non solo alla velocità di percorrenza della prova, ma anche al cambio ritmo, alle bagarre iniziali e finali dove c’è maggior contatto con l’avversario, ad aspetti tattici e tecnici negli assetti della corsa. In questo modo si sfrutta però solo lontanamente la potenzialità dell’allenamento multidisciplinare. Le assonanze e dissonanze organiche devono essere individuate, utilizzate o evitate in virtù dei metodi di lavoro che contraddistinguono le diverse specialità rapportate ai bisogni del singolo atleta al fine di renderlo più competitivo e preparato in gara.
Non cambia quindi il concetto: tutti fanno riferimento ad una multidisciplinarità nelle sue forme analitiche o globali.
Ricorda: Una valida metodologia di lavoro prevede inoltre saper discernere l’attività (didattica) che si effettua con i giovani, da quella messa in atto con gli atleti più evoluti. Spesso non valgono gli stessi principi metodologici e tanto meno le stesse regole. Perché gli atleti se non sono ancora formati fisicamente tanto meno sono adattati a subire certi carichi in fase evolutiva. Le strutture fisiche risultano essere in continuo rimaneggiamento e così anche le capacità di assimilazione e di trasformazione del lavoro si rivelano fluttuanti. Insomma: i ragazzi crescono di più di quanto non sia possibile stabilizzare gli effetti del lavoro imposto e questo deve indurre il tecnico a evitare una programmazione che preveda la somministrazione di carichi e scarichi standardizzati con allievi tra l’altro ormonalmente non stabilizzati. |
Ecco che con i giovani il lavoro si concentra maggiormente sugli apprendimenti tecnici, lasciando l’aspetto organico fare il suo corso e semmai accompagnandolo con mezzi e sollecitazioni che devono rivelarsi “adeguate” al periodo di sviluppo fisico. Per le specialità poggiate sull’aspetto organico non cambia il concetto, ma si aggiungono la capacità e la competenza nel saper gestire e creare le basi per rispondere ai futuri bisogni.
La multidisciplinarietà è quindi un aspetto duttile, valido quando le diversificate espressioni vengono utilizzate nelle loro forme più trasversali o mirate e dovrebbe risultare collocata a mezzo tra l’attività multilaterale e quella specialistica.

Evidenzio infine la difficoltà nel fare questo lavoro perché, oltre ad avere assoluto bisogno di alte competenze, è necessario eseguirlo rispondendo alle necessità del singolo atleta e quindi svolgerlo in forme individualizzate. Ciò purtroppo mal si addice ai settori giovanili e anche per questo si tende a considerare la multidisciplinarità un’operazione che trova la sua corretta collocazione successivamente quella multilaterale.
Come sempre è il tecnico a gestire le scelte e collocarle nella programmazione del gruppo o dei singoli atleti. Un aspetto certamente interessante e stimolante perché stabilisce come all’aumentare dei mezzi a disposizione, vi sia anche bisogno di una accresciuta capacità gestionale dell’operatore.
Fulvio Maleville