
di Fulvio Maleville
Comprendere il valore del “perfezionamento” è forse un modo per organizzare meglio il nostro programma di lavoro. Stabilendo i sostegni che possono permettere ai nostri ragazzi di esprimere il gesto nel modo più produttivo ed anche piacevole da guardare. Chi lavora correttamente non guarda al mero risultato metrico o cronometrico ma alla forma che lo esprime. Infatti perfezionare è una tappa del percorso e mai si trova alla partenza del lungo tragitto che porta alla specializzazione.
Il confronto telefonico a tarda sera con gli amici fa sempre emergere il differente modo d’interpretare quanto avviene in campo. Frasi e sottigliezze enunciano e filtrano un disparato modo di vivere l’atletica e portano in discussione le peculiarità che distinguono il nostro modo di svolgere l’attività da quello degli altri.
L’altra sera ad esempio i discorsi erano articolati sui risultati, facevamo riferimento non solo all’aspetto prestativo ma soprattutto al modo con il quale i nostri ragazzi esprimono la loro gestualità tecnica. Il confronto verteva sulla manifestazione giovanile della settimana precedente dove una nostra atleta aveva fatto la figura della “specializzata” vincendo la gara con ampio margine sulle coetanee, dimostrando un’appropriazione gestuale più vicina a quella degli atleti evoluti che a quella delle compagne di categoria.
Sembrava insomma un’atleta perfezionata e questa condizione poteva certamente aver dato adito all’ipotesi di un percorso di specializzazione accelerato.
Nella realtà la ragazza si era allenata nella specialità certamente molto meno delle coetanee incontrate in pedana ma le risultanze facevano pensare giusto il contrario.
Comparando le nostre idee emergevano tanti differenti modi di dare significato a questa condizione. Tra i miei interlocutori telefonici c’era chi identificava il palese divario tecnico con “la cura dei particolari”, “le metodiche correzioni adottate nell’allenare gli atleti” o evidenziava come risultasse di sostegno all’acquisizione il “cospicuo lavoro di forza generale e soprattutto quello indirizzato all’espressione correlata”. Al confine tra valore aggiuntivo e critica affiorava il fatto che c’è da parte nostra “una elevata richiesta di concentrazione durante il lavoro”.
Alla fine del dibattito si delineava un divario tra il nostro modo di operare con i ragazzi e quello adottato da altri.
Visto nella prospettiva di quanto era successo il sabato precedente, la formula di lavoro sembrava comunque reggere e l’indirizzo scelto contenere i giusti requisiti per mettere i ragazzi nella condizione d’esprimere non solo il loro livello prestativo ma soprattutto una fine gestualità tecnica.
Intendiamoci, nel dibattere nessuno dei miei interlocutori aveva fatto cenno ai meri risultati, emergeva piuttosto la soddisfazione per l’espressione dei valori legati al fascino che offriva un gesto ben eseguito e si cercava di riconoscere il percorso che aveva condotto a questo obiettivo.
Il compiacimento si manteneva entro i limiti della consapevolezza che tale aspetto è sì direttamente legato alla prestazione sportiva ma nel caso specifico non faceva fede su manifestazioni di pura espressione fisica. Perché non è nostra abitudine spingere ragazzi così giovani verso la specializzazione.
Nel prendere spunto da questo contesto ho acquisito coscienza sul fatto che la finezza gestuale non è fattore specializzante ma un valore aggiuntivo all’espressione tecnica. Tengo anche ad evidenziare come il perfezionamento goda di presupposti differenti e anticipi alcuni temi della specializzazione, essendo supportato da caratteristiche che dalla qualificazione si differenziano.
Nel valutare le proprietà che fanno divergere i due citati ambiti ho potuto riscontrare che sono identificabili nel:
- Dedicare limitato tempo alla specialità nei suoi aspetti globali;
- Riservare maggior spazio al lavoro di costruzione generale;
- Dare valore elevato ai particolari posturali, specie quelli che accumunano le specialità (Le discipline in atletica sono fortemente correlate tra loro);
- Coinvolgere gli atleti nel capire la valenza di quello che si propone;
- Seguire una coerente programmazione didattica nel riguardo della progressività tecnica e fisica del soggetto;
- Avere grande rispetto nelle fasi di passaggio dalle azioni analitiche a quelle à semi- globali e globali del gesto;
- Recuperare nei giovani le carenze evitando di sfruttare in giovane età i pregi enunciati dal soggetto. Quindi dedicandosi alle proprietà ed esercitazioni che agevolano il recupero delle carenze fisiche e coordinative;
- Correzione sistematica delle devianze tecniche.
Queste considerazioni portano a scandire il programma da sviluppare nelle categorie giovanili (Esordienti A e Ragazzi) ma non chiarisce del tutto le modalità operative che si dovrebbero adottare.
Per fare questo va innanzitutto evidenziato come la formula legata al perfezionamento faccia fede sull’aspetto procedurale, ossia sulla capacità da parte del tecnico di dare disposizione alle proposte.
Mettere in corretto ordine le esercitazioni è infatti un fattore fondamentale e spesso trascurato e nemmeno di facile attuazione. Richiede, da parte dell’allenatore, capacità nel riconoscere le strategie in grado di portare i propri allievi a forme di training produttive.
Per dare praticità ed indirizzo a questo ambito operativo è utile far presente alcune considerazioni che condensano il ruolo e valore che certi aspetti assumono. A riguardo ricordiamo che:
- Le esercitazioni analitiche influenzano limitatamente l’acquisizione globale del gesto. Perché gli aspetti analitici, quando non vengono “agganciati” al gesto globale, trovano difficoltà ad essere riconosciuti e quindi memorizzati. Le andature tecniche ad esempio, eseguite per la sola parte analitica non consentono un rapido trasferimento negli assetti posturali complessivi della corsa;
- Le attività globali sono complesse e troppo articolate per consentire all’atleta di riconoscere i particolari in esse contenute. Per questo motivo non facilitano e faticano ad apportare miglioramento all’azione tecnica;
- L’adozione delle medesime esercitazioni, ma eseguire in ordine differente non conducono alla stessa appropriazione finale. E’ necessario conoscere l’eserciziario ed applicarlo nella corretta successione didattica per ottenere effetti premianti;
- La mancata cura e correzione degli aspetti posturali condiziona notevolmente l’apprendimento e conseguentemente influisce parecchio sulla prestazione.
Va sottolineato che quanto esposto vale soprattutto per gli atleti neofiti o quelli mancanti dei necessari requisiti, non per coloro che godono di presupposti tecnici e coordinativi sufficienti. Bisogna inoltre sottolineare che le esercitazioni, ad esempio quelle analitiche, hanno un ascendente sull’espressione tecnica globale perché “marcano” alcuni aspetti dell’atteggiamento. Alla lunga riescono ad influenzare la costruzione di un nuovo schema motorio e significa che, nel tempo, vengono riconosciuti a livello corticale. Le condizioni qui descritte dovrebbero indurre i tecnici a far rispettare ai propri atleti posture esecutive corrette nello svolgimento degli esercizi, fattore spesso trascurato e che in ogni caso colloca l’allenatore in una precisa dimensione tecnica.
Il perfezionamento è quindi un atto complesso, sommatoria di molteplici aspetti ed è legato alla specializzazione dalla vicinanza nei moduli comportamentali che spingono il tecnico alla cura dei particolari, indirizzando il proprio allievo ad un modello espressivo perfezionato.
L’inghippo forse è proprio questo. Quando si manca di adottare procedure o successioni didattiche corrette vengono meno i risultati. Per questo motivo l’acquisizione di un eserciziario non è sufficiente e tanto meno assicura l’evoluzione gestuale e tanto meno quella prestativa dei propri allievi.
Sovente il mancato raggiungimento degli obiettivi induce l’allenatore a ritenere poco efficace l’eserciziario utilizzato mentre andrebbero semplicemente rivisti i percorsi adottati, migliorati i suggerimenti forniti agli atleti e soprattutto la disposizione temporale dei carichi somministrati.
La disposizione dei costrutti si consegue solo rielaborando quotidianamente le esperienze svolte in campo con i propri allievi, oppure affidandosi a quelle già svolte da colleghi più esperti. Come sempre da queste rielaborazioni emerge la valenza ed il valore dell’attività di tirocinio, unico vero “velocizzatore” del percorso per diventare tecnico esperto e produttivo.